I DISTURBI PSICHICI

 La classificazione delle malattie mentali è sempre stata un problema molto controverso a causa della mancanza di precise conoscenze eziopatogenetiche, della mancanza di precisi confini tra i vari disturbi, delle frequenti sovrapposizioni fra disturbi diversi e della ricca patologia di confine. Il primo tentativo sistematico di inquadramento nosografico delle malattie mentali si deve a Kraepelin che, proprio agli albori di questo secolo, ritenne di aver individuato delle entità morbose definibili in termini eziopatogenetici, di decorso, di prognosi e di terapia.
      Uno dei capisaldi della classificazione psichiatrica è stato, per lungo tempo, la suddivisione delle malattie mentali in due grandi categorie, le "psicosi" e le "nevrosi":
  • per psicosi si intendevano quelle condizioni caratterizzate da una profonda alterazione della personalità, da una rottura della continuità del significato dell’esistenza, da una frattura con la realtà che impedisce al soggetto una adeguata valutazione del mondo reale, vissuto in funzione pressoché esclusiva delle alterazioni della sfera conoscitiva (percezioni, pensiero) e/o di quella timica (affettività, attività); per definizione, manca (o è fortemente ridotta) la coscienza di malattia e l’adattamento sociale è più o meno profondamente compromesso;
  • nelle nevrosi, invece, la personalità non è compromessa, il vissuto psicopatologico non interrompe la continuità del significato dell’esistenza ed il rapporto con la realtà è mantenuto; vi è la consapevolezza della natura morbosa di certi sintomi e l’adattamento sociale è, tutto sommato, accettabile. Per quanto in psichiatria sia aleatorio il criterio eziologico, possiamo dire che alle psicosi era attribuita un’origine somatica accertata (psicosi su base organica) o presunta (psicosi endogene), mentre le nevrosi potevano essere spiegate in chiave psicogena, in termini, cioè, di conflittualità interna (conflitti inconsci) ed esterna (rapporti con il mondo).

      Oggi, soprattutto per l’influenza del pragmatismo americano che, in assenza di dati certi circa l’eziopatogenesi della patologia psichiatrica privilegia il criterio descrittivo, i due termini sono praticamente scomparsi (o sono usati con significato più limitato o come riferimento storico) e sostituiti dalla più generica dizione di "disturbo".

      I principali sistemi classificativi in uso sono sostanzialmente due, la decima edizione dell’International Classification of Diseases (ICD-10) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e la quarta edizione-Text Revised del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-IV-TR) dell’American Psychiatric Association (APA) .

      In questa sede cercheremo di fornire un inquadramento nosografico semplice ed essenziale, tale da consentire una buona comprensione della patologia mentale e del linguaggio "psichiatrico". Faremo riferimento, per questo, al DSM-IV-TR che è senza dubbio il sistema diagnostico-classificatorio più diffuso e conosciuto a livello internazionale. In particolare sono derivati dal DSM-IV-TR i criteri diagnostici dei diversi disturbi.

      Distingueremo:
  • Disturbi che si osservano nell’Infanzia e nell’Adolescenza
  • Disturbi Cognitivi (Demenze, Delirium, ecc.)
  • Disturbi Correlati all’Uso di Sostanze
  • Disturbi Psicotici
  • Disturbi dell’Umore
  • Disturbi d’Ansia
  • Disturbi Somatoformi
  • Disturbi Dissociativi
  • Disturbi Sessuali
  • Disturbi dell’Alimentazione
  • Disturbi del Sonno
  • Disturbi del Controllo degli Impulsi
  • Disturbi dell’Adattamento
  • Disturbi di Personalità

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