Le tecniche di meditazione sono usate da millenni in tutte le culture conosciute. Si può affermare che lo scopo della meditazione è sempre stato fondamentalmente il raggiungimento di un benessere psicofisico grazie alle diverse tecniche sviluppate, che rispecchiavano una visione olistica dell’uomo considerato come una unità inscindibile di corpo e mente.
Tra le più conosciute possiamo citare la meditazione buddista, la meditazione taoista, la meditazione zen e la meditazione cristiana; tra le tecniche più moderne, una delle più conosciute e studiate è la meditazione trascendentale.
Gli studi sulla meditazione ad oggi sono molti, effettuati da medici e da psicologi, specialmente a partire dagli anni 80, quando si ebbe un riconoscimento ufficiale di queste tecniche da parte del National health Institute (NIH).
Tra gli effetti psicofisiologici indotti citiamo: un ripristino dell’equilibrio dei neuromediatori cerebrali e un aumento di onde alpha e delta evidenziabili con EEG; la diminuzione della pressione arteriosa; la diminuzione del ritmo cardiaco; la diminuzione del consumo di ossigeno; la diminuzione della tensione muscolare. La meditazione si è rivelata forse la tecnica più efficace nei disturbi d’ansia e di talune depressioni minori, così come nella terapia del dolore (anche oncologico) sia acuto che persistente. Numerose ricerche hanno quindi evidenziato una migliore qualità di vita in pazienti con diverse malattie, anche terminali, ed un numero significativamente minore di ricoveri ospedalieri con un utile risparmio nelle spese mediche.
Tra le più conosciute possiamo citare la meditazione buddista, la meditazione taoista, la meditazione zen e la meditazione cristiana; tra le tecniche più moderne, una delle più conosciute e studiate è la meditazione trascendentale.
Gli studi sulla meditazione ad oggi sono molti, effettuati da medici e da psicologi, specialmente a partire dagli anni 80, quando si ebbe un riconoscimento ufficiale di queste tecniche da parte del National health Institute (NIH).
Tra gli effetti psicofisiologici indotti citiamo: un ripristino dell’equilibrio dei neuromediatori cerebrali e un aumento di onde alpha e delta evidenziabili con EEG; la diminuzione della pressione arteriosa; la diminuzione del ritmo cardiaco; la diminuzione del consumo di ossigeno; la diminuzione della tensione muscolare. La meditazione si è rivelata forse la tecnica più efficace nei disturbi d’ansia e di talune depressioni minori, così come nella terapia del dolore (anche oncologico) sia acuto che persistente. Numerose ricerche hanno quindi evidenziato una migliore qualità di vita in pazienti con diverse malattie, anche terminali, ed un numero significativamente minore di ricoveri ospedalieri con un utile risparmio nelle spese mediche.
1. Meditazione tipo zen o “cammino di consapevolezza”
Questa tecnica intende portare il paziente ad ottenere un benessere ed un equilibrio psicofisico attraverso incontri volti alla consapevolezza degli agenti stressogeni che possano avere contribuito e che possano mantenere i sintomi. Si punta quindi a rendere il paziente consapevole che un adeguamento del proprio stile di vita rispetto alle caratteristiche ambientali (ad esempio familiari, lavorative, sentimentali che condizionano l’andamento quotidiano del proprio stato di salute) può essere utile per il miglioramento della malattia.
Essendo la fibromialgia considerata una malattia con una forte matrice psicosomatica, si considera quindi questa malattia come un segnale di cambiamento, utilizzando la stessa come forza per raggiungere il benessere psicofisico. Si aiuta la persona ad esaltare il proprio senso di autostima. Questo attraverso un lavoro mirato ad aumentare le capacità di riconoscere la positività delle cose che la circondano, ad esempio attraverso la valorizzazione di stimoli sensoriali quali colori, suoni, profumi.
Lungo questo percorso si può notare un cambiamento di se stessi nel vedere e approcciarsi al mondo che ci appartiene.
2. Meditazione/distrazione
Le tecniche di meditazione agiscono mediante l’induzione di uno stato di rilassamento evidenziabile tramite la misurazione di diversi indici psicofisiologici che dimostrano una reazione contraria ad uno stato di stress. Nel caso della fibromialgia sono indicate in quanto, oltre ad una riduzione degli stati ansiosi e depressivi, si ha un significativo aumento della soglia del dolore.
Si lavora prevalentemente sull’induzione di uno stato di rilassamento psicofisico e sull’insegnamento di tecniche di distrazione o di rielaborazione del dolore percepito. Ciò sembra influire sulla componente emotiva e cognitiva del dolore più che su quella sensoriale: un dolore ad esempio costrittivo rimane tale, ma ne diminuisce l’intensità percepita e le sensazioni psicologiche sgradevoli ad esso associate.
Lavorare sul paziente fibromialgico con la meditazione significa quindi insegnargli una tecnica che gli permetta di distrarre l’attenzione dal proprio dolore. Egli impara così a spostare l’attenzione sostituendo il pensiero del dolore con azioni (ad es. contare i respiri), idee, pensieri, immagini generalmente positive, creando cosi un diverso stato attentivo ed emotivo volto ad interrompere il circolo vizioso dolore-ansia-dolore. Si ritiene utile applicarle con frequenza e costanza non solo nei momenti critici della sintomatologia, ma anche nella prevenzione, spezzando il circolo vizioso prima che si presenti. Si cerca quindi in genere di educare il paziente ad un nuovo modo di pensare e di prendersi cura di se stesso come parte attiva nella gestione della propria malattia.
Reiki e Fibromialgia by Mauro Ghilardi
Il Reiki, che ha le sue radici nel buddismo tibetano, è un antico e semplice metodo di cura tramite il tocco delle mani. Si ispira ad un modello “naturale” e “olistico” di cura, nel quale l’uomo è visto come unità inscindibile di corpo, mente, spirito e la malattia come epifenomeno di una condotta di vita. Si ispira anche al “modello energetico”, ispirato alla fisica quantistica, che considera il corpo non solo nella sua materialità fisica o chimica, ma come “energia vitale”, che si esprime: a) biologicamente, nelle reazioni biochimiche e biofisiche che avvengono nelle cellule; b) psichicamente, nelle emozioni/sensazioni che attraversano il nostro corpo e nel linguaggio/pensiero della nostra mente; c) nello scambio con l’eco-ambiente, per cui il campo elettromagnetico umano e i campi elettromagnetici del nostro pianeta/universo si scambiano continuamente informazioni energetiche. Reiki interviene sugli elementi psicoenergetici della personalità e promuove la reintegrazione e il riallineamento del complesso corpo-mente-spirito. Per questo viene classificato dal National Center for Complementary and Alternative Medicine (National Institute of Health) tra le terapie della biofield medicine o terapie del campo energetico.
Come tecnica di contatto manuale (Touch Therapy), Reiki si può collocare tra le più efficaci tecniche “dolci” di rilassamento e analgesia, e si è dimostrato efficace nella terapia del dolore (anche oncologico), nell’assistenza pre- e post-operatoria, durante i trattamenti chemio e radioterapici, nel malato oncologico avanzato e terminale e negli stati ansioso-depressivi in genere. Lo stato di rilassamento mentale che un ciclo di trattamenti Reiki produce dura per più settimane ed è in grado di alleviare i sintomi fisici (percezione del dolore, dispnea, astenia, nausea) e psichici (ansia, insonnia, depressione) spesso presenti nel decorso della malattia oncologica.
Il National Health Institute (NIH) ha da poco completato una sperimentazione, i cui dati non sono ancora disponibili, volta a valutare l’efficacia del Reiki nella Fibromyalgia.
Come tecnica di contatto manuale (Touch Therapy), Reiki si può collocare tra le più efficaci tecniche “dolci” di rilassamento e analgesia, e si è dimostrato efficace nella terapia del dolore (anche oncologico), nell’assistenza pre- e post-operatoria, durante i trattamenti chemio e radioterapici, nel malato oncologico avanzato e terminale e negli stati ansioso-depressivi in genere. Lo stato di rilassamento mentale che un ciclo di trattamenti Reiki produce dura per più settimane ed è in grado di alleviare i sintomi fisici (percezione del dolore, dispnea, astenia, nausea) e psichici (ansia, insonnia, depressione) spesso presenti nel decorso della malattia oncologica.
Il National Health Institute (NIH) ha da poco completato una sperimentazione, i cui dati non sono ancora disponibili, volta a valutare l’efficacia del Reiki nella Fibromyalgia.
La Fibromialgia (FM) è una sindrome dolorosa cronica ad etiologia ignota e patogenesi non definita. E’ condizione frequente e ad elevato impatto sociale per la riduzione notevole della qualità di vita che determina. La diagnosi di FM è spesso difficile, ritardata e comporta spesso, per il corteo di manifestazioni neurovegetative associate, l’esecuzione di una pletora di esami, visite e indagini strumentali.
I malati di FM hanno notevole riduzione della capacità lavorativa e presentano un elevato tasso di assenza dal lavoro.
La terapia della FM non è standardizzata, ma usualmente vengono impiegati farmaci anti-depressivi, miorilassanti, neurolettici, ansiolitici, FANS e anti-dolorifici, unitamente alla persuasione del paziente alla esecuzione con costanza di esercizio fisico aerobico.
La gestione del malato di FM prevede un intensivo programma di valutazioni cliniche per mantenere costante l’adesione al programma terapeutico. La ricerca della massima compliance del paziente al programma terapeutico, mediante supporto psicologico, è alla base della riuscita del programma terapeutico.
In questo contesto il Reiki trova possibile applicazione. Mediante esercizio di meditazione e rilassamento, finalizzato alla ricerca di consapevolezza della perdita energetica, questa può essere rinnovata. Attraverso un percorso guidato dal maestro di Reiki, il malato viene portato ad una esperienza di distacco dalle proprie sensazioni percettive attraverso una profonda meditazione in stato di coscienza.
Dai risultati di studi analoghi, effettuati in pazienti oncologici e anziani, Reiki ha dimostrato efficacia sulla soggettiva percezione del dolore.
Non sono stati riscontrati effetti collaterali da Reiki.
I malati di FM hanno notevole riduzione della capacità lavorativa e presentano un elevato tasso di assenza dal lavoro.
La terapia della FM non è standardizzata, ma usualmente vengono impiegati farmaci anti-depressivi, miorilassanti, neurolettici, ansiolitici, FANS e anti-dolorifici, unitamente alla persuasione del paziente alla esecuzione con costanza di esercizio fisico aerobico.
La gestione del malato di FM prevede un intensivo programma di valutazioni cliniche per mantenere costante l’adesione al programma terapeutico. La ricerca della massima compliance del paziente al programma terapeutico, mediante supporto psicologico, è alla base della riuscita del programma terapeutico.
In questo contesto il Reiki trova possibile applicazione. Mediante esercizio di meditazione e rilassamento, finalizzato alla ricerca di consapevolezza della perdita energetica, questa può essere rinnovata. Attraverso un percorso guidato dal maestro di Reiki, il malato viene portato ad una esperienza di distacco dalle proprie sensazioni percettive attraverso una profonda meditazione in stato di coscienza.
Dai risultati di studi analoghi, effettuati in pazienti oncologici e anziani, Reiki ha dimostrato efficacia sulla soggettiva percezione del dolore.
Non sono stati riscontrati effetti collaterali da Reiki.
Reiki presenta grande potenzialità in campo sanitario in quanto:
a) la tecnica è standardizzata ed è riproducibile da operatore a operatore e, per lo stesso operatore, da un trattamento all’altro. Non sono necessarie doti speciali innate degli operatori; soltanto un’adeguata formazione che si acquista durante un seminario, della durata di due giorni, condotto da un master Reiki;
b) è praticabile anche da personale laico non sanitario (volontari) e da caregiver in pazienti ricoverati o a domicilio;
c) non utilizza aghi, strumenti o apparecchiature, o strutture particolari;
d) è di facile apprendimento e alla portata di tutti;
e) è praticabile su se stessi con l’autotrattamento (self help), sostiene e ricarica energeticamente, e quindi è utile anche nel sostenere il personale di assistenza, in quanto riduce l’ansia da prestazione, la depressione e il senso di impotenza, la stanchezza fisica ed emotiva;
f) non è nota alcuna tossicità o effetto collaterale.
a) la tecnica è standardizzata ed è riproducibile da operatore a operatore e, per lo stesso operatore, da un trattamento all’altro. Non sono necessarie doti speciali innate degli operatori; soltanto un’adeguata formazione che si acquista durante un seminario, della durata di due giorni, condotto da un master Reiki;
b) è praticabile anche da personale laico non sanitario (volontari) e da caregiver in pazienti ricoverati o a domicilio;
c) non utilizza aghi, strumenti o apparecchiature, o strutture particolari;
d) è di facile apprendimento e alla portata di tutti;
e) è praticabile su se stessi con l’autotrattamento (self help), sostiene e ricarica energeticamente, e quindi è utile anche nel sostenere il personale di assistenza, in quanto riduce l’ansia da prestazione, la depressione e il senso di impotenza, la stanchezza fisica ed emotiva;
f) non è nota alcuna tossicità o effetto collaterale.
articolo tratto dal sito http://www.bresciareumatologia.it
Nessun commento:
Posta un commento