Il poker di integratori contro stress e diabete

Il pancreas, collocato accanto al fegato nella parte superiore dell'addome, svolge una serie di essenziali funzioni vitali. Tramite le cosiddette isole di Langerhans in particolare produce:


- l'insulina che è un ormone secreto dopo i pasti che abbassa la concentrazione di zuccheri nel sangue favorendo il loro utilizzo da parte delle cellule. Governa anche la sintesi del glicogeno (il carburante della funzione cellulare), la sintesi dei lipidi e delle proteine.
- il glucagone che è prodotto quando la glicemia si abbassa e bilancia l'azione dell'insulina. 


In chi soffre di diabete il meccanismo di secrezione dell'insulina è compromesso, ma vi sono casi in cui - a causa di diete sregolate, picchi di stress, affaticamento - il pancreas ha comunque bisogno di un aiuto.




Momocardica e Gymnema tonificano il pancreas


In più modificano la sintesi dell'insulina.


Dalla Momordica Charantia, un frutto tropicale dall'aspetto di un cetriolo, coltivato in Asia, Africa, Sudamerica, si ottengono un succo ed un estratto naturale assumibili per via orale, dalle virtù ipoglicemizzanti. In caso di disturbi pancreatici di lieve entità, accompagnati da picchi glicemici di natura transitoria, si può assumere una capsula (o un misurino di succo) una volta al giorno.


Un'altra pianta utile sia nella cura del diabete che per compensare squilibri glicemici è la Gymnema: originaria dell'India, si assume sotto forma di estratto e migliora il controllo dei livelli di glicemia nel sangue. Recenti studi confermano che questa pianta avrebbe la capacità di rigenerare le cellule pancreatiche. E' bene iniziare la somministrazione con una capsula al giorno, verificando la reazione dell'organismo (sotto controllo medico).




Dal surrene dipende la tua "resistenza"


La corteccia più esterna del surrene produce il cortisolo, secreto durante lo stress, che regola il metabolismo idro-salino (fondamentale quando fa caldo) e sintetizza alcuni ormoni sessuali, soprattutto androgeni. La parte più interna, detta midollare surrenale, sintetizza l'adrenalina e la noradrenalina, che provocano l'aumento del battito cardiaco e della pressione sanguigna, fanno dilatare i bronchi e aumentano la glicemia.
Una continua stimolazione delle ghiandole surrenali, dovuta per esempio a picchi di stress, può alterarne la secrezione e scatenare infiammazioni, allergie, calo delle difese ed intolleranze.




Per rivitalizzare gli ormoni surrenali


Prova il lievito di birra. Al surrene servono la vitamina C e del gruppo B di cui è ricco il lievito di birra (una capsula al giorno); queste vitamine vanno associate a zinco e magnesio (una bustina al dì), che migliorano la secrezione di ormoni surrenalici.


Prendi l'eleuterococco. Chi è sottoposto a pesanti carichi di lavoro o di stress che si riflettono negativamente sull'attività del surrene trarrà giovamento da una cura con l'eleuterococco; si assume in flaconcini per cicli di 2 settimane, la mattina con un bicchiere d'acqua.




tratto da "Salute naturale" Riza, n° 137

L'Agenda 2012 Maya di Macrolibrarsi è in OMAGGIO!



E' arrivata la nuovissima Agenda 2012 di Macrolibrarsi, ispirata dalla cultura Maya, che potrà accompagnarti fedelmente in questo 2012.
Macrolibrasi anche quest'anno ha pensato ai suoi clienti con questo utile regalone. All'interno una collezione di immagini e frasi molto potenti che hanno voluto condividere con noi.
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Mudra

Le mudra, nella disciplina yoga, sono uno dei tanti rituali per mettersi in contatto con le energie sottili del cosmo; un gioco silenzioso del corpo per ricaricarsi di prana, l'energia vitale, o per scaricare flussi negativi, nocivi al corpo come alla mente. 


COSA SONO LE MUDRA

 Lo yoga attiva la salute del corpo e dello spirito attraverso molteplici dinamiche: la respirazione (pranayama), la postura del corpo (asana), la ripetizione di una parola (mantra) e, per quanto riguarda i gesti, con le mudra. 


 Il termine mudra deriva da una parola babilonese, che significa "sigillo"; il contrassegno sacro, cioè, del gesto che regala benessere. 


DITA COME ANTENNE

 Secondo la cultura orientale, nelle mani e nelle dita sono posti numerosi centri energetici, che possono attivarsi per regolarizzare le energie che attraversano il corpo, grazie alle mudra.

 In pratica, è come se le estremità superiori del corpo fossero predisposte per funzionare, all'occorrenza, come tante antenne riceventi e trasmittenti, sintonizzate con il cosmo, fonte inesauribile di vita.

 Un insieme di gesti corretti darà i risultati cercati, come per magia, in termini di calma, o di energia, se occorre; così come di protezione dagli effetti indesiderati di ansia e paura; ma, anche per infondere fiducia e salute. 


STORIA

Probabilmente, questo termine risale al periodo post vedico, dove, nella letteratura sacra dell'India, assume - lo ripetiamo -  il significato di "sigillo"; o, nel senso generale, di un marchio, lasciato da un sigillo.


Nei riti esoterici (ad esempio, nel Tantrismo) la parola "mudra" indica una particolare gestualità delle dita, attraverso la quale il praticante garantisce la piena efficacia del rito stesso. 

Già nel periodo vedico, durante le esecuzioni rituali, i gesti - con i loro movimenti verticali - indicavano gli accenti delle parole del rito. Sin da allora, quindi, sembra essersi stabilita una precisa relazione tra mantra e mudra.


Possiamo suddividere i mudra in due categorie: 


- la prima, concernente l'aspetto metafisico delle cerimonie esoteriche, in cui la rapidità dell' esecuzione li rende impercettibili agli occhi dei presenti.


La loro esecuzione è sempre associata alla pronunzia ESATTA di un mantra di difficile interpretazione. Alcuni di essi sono diretti a porre gli elementi soprannaturali sotto il controllo del sadhaka, per poter essere trasformati in agenti benefici, attraverso l'adorazione


La seconda categoria appartiene alla rappresentazione iconografica, nella pittura e nella scultura.


Si tratta di mudra assunti dai principali personaggi del Pantheon buddista e induista. Tali gesti esprimono sinteticamente le qualità e le attitudini di personaggi, unitamente alle armi ed agli utensili che essi impugnano con le innumerevoli mani. 







Oligoelementi - Ferro

IL FERRO

 Il ferro è un oligo-minerale concentrato nel sangue e presente in ogni cellula vivente, complessato a proteine per adempiere alla sua funzione principale: la formazione delle emoglobine, la sostanza colorante i globuli rossi. L’emoglobina trasporta ossigeno attraverso il sangue dai polmoni ai tessuti, in quanto vitale per le loro funzioni primarie, determinando così la qualità del sangue ed aumentando la resistenza allo stress e alle malattie. Il ferro è anche necessario per la formazione della mioglobina dei tessuti muscolari,  che assolve alla funzione del trasporto di ossigeno utilizzato nelle reazioni chimiche della contrazione muscolare. Il ferro è presente in quegli enzimi che promuovono il metabolismo delle proteine ed agisce con altri elementi nutritivi per migliorare l’azione respiratoria. Il calcio e il rame devono essere presenti perché il ferro possa agire perfettamente.


Migliori fonti alimentari dietetiche di ferro:

Alga marina
Germe di grano
Anacardio
Melassa
Carne magra e lingua
Noci
Caviale
Pane arricchito
Ceci
Pistacchi
Cozze
Prodotti integrali
Fegato
Semi di zucca
Foglie verdi
Tuorlo
Formaggio Cheddar



Nota: il corpo umano assimila parzialmente il ferro contenuto negli alimenti anche in quelli molto ricchi di tale minerale. Solo il 10% circa del ferro alimentare è assimilato dal cibo consumato da un individuo con riserve normali di minerale. Soggetti con carenze di ferro possono tuttavia assimilarne dal 20 al 30%.
L’organismo può utilizzare il ferro sia allo stato ossidato (ferro ferroso Fe++), che allo stato ridotto (ferro ferrico Fe+++);tuttavia viene utilizzato prevalentemente il ferro ossidato, infatti il ferro ferrico viene preventivamente ossidato prima di essere assorbito dall’organismo. L’immissione del ferro avviene attraverso il cibo, ma solo il 2-4% di esso viene poi assorbito entro 4 ore dall’ingerimento, nella parte superiore dell’intestino tenue e principalmente depositato nel fegato, nella milza, nel midollo spinale e nel sangue. Il ferro rimane in queste sedi, quasi come in “depositi”, dove viene continuamente utilizzato, ma mai del tutto consumato o distrutto, e solo piccolissime quantità vengono poi eliminate dall’organismo. Virtualmente nessuna quantità di ferro viene eliminata attraverso le urine, ma le porzioni non assorbite,   vengono eliminate attraverso le feci. Chiaramente, molti fattori ne influenzano l’assorbimento: l’acido ascorbico, ad esempio, contribuisce a ridurre il ferro ferrico in ferroso, facilitandone così l’assorbimento; viceversa, un eccesso di fosforo lo rallenta. Importanti sono anche le concentrazioni di calcio, il quale, se presenti in quantità sufficienti, può combinarsi con i fosfati e liberare così il ferro, che può essere riutilizzato. Altri fattori che interagiscono con l’assorbimento, sono: la mancanza di acido cloridrico, la somministrazione di alcali, eccessiva assunzione di cellulosa, caffè e the, e la presenza di complessi insolubili di ferro ( fitati, fosfati ).La solubilità e  la disponibilità del ferro nel cibo, è invece regolata dall’acidità gastrica. E’ inoltre importante ricordare che il ferro presente nelle proteine animali è assorbito più velocemente di quello che si trova nei vegetali.


Interazione con farmaci, vitamine o minerali

·        Allopurinolo : può portare ad un eccessivo accumulo di ferro nel fegato.
·        Altri supplementi di ferro : possono portare ad un eccessivo accumulo di ferro     nel fegato.
·        Antiacidi : provocano uno scarso assorbimento di ferro.
·        Calcio : la combinazione è necessaria per un efficace assorbimento di calcio.
·        Colestiramina : diminuisce l'effetto del ferro.
·        Pancreatina : diminuisce l'assorbimento di ferro.
·        Penicillamina : diminuisce l'effetto della penicillamina.
·        Rame : favorisce l'assorbimento di rame.
·        Sulfasalazina : diminuisce l'effetto del ferro.
·        Tetraciclina : diminuisce l'effetto della tetraciclina. Fare assumere il ferro 3 o 2 ore prima dopo l'assunzione.
·        Vitamina C : migliora l'effetto del ferro nella formazione dell'emoglobina.
·        Vitamina E : diminuisce l'assorbimento di ferro.
·        Zinco (alti dosaggi ) : diminuisce l'assorbimento di ferro.


Interazione con altre sostanze

L'alcool aumenta l'utilizzazione di ferro. Può provocare danni agli organi. Evitare o usare con moderazione.

Bevande :

·        il latte diminuisce l'assorbimento di ferro.
·        il tè diminuisce l'assorbimento di ferro.
·        il caffè diminuisce l'assorbimento di ferro.


Dosaggi e tossicità

Il C.N.R. raccomanda un'assunzione giornaliera di ferro di 18 mg per le donne e 10 mg per gli uomini. Il fabbisogno di ferro aumenta durante le mestruazioni l'emorragie, periodi di rapida crescita. Una maggiore quantità di ferro è inoltre necessaria durante la gravidanza, quando cioè  il feto in via di sviluppo costruisce la propria riserva nel fegato. Un livello tossico di ferro, può manifestarsi in singoli individui a causa di un errore genetico del metabolismo, per una trasfusione di sangue o a causa di una prolungata assunzione di ferro per via orale. Depositi eccessivi di ferro nel fegato e nella milza, in alcuni individui, possono portare a disturbi vari, quali:  cirrosi epatica, diabete ed insufficienze del pancreas.

Oligoelementi

Sono chiamati ”oligoelementi” (dal greco “olos”: poco ) quelle sostanze, che servono all’organismo in dosi piccolissime e che vengono misurate in microgrammi. Sebbene le quantità indispensabili siano piccolissime, il loro apporto attraverso una corretta alimentazione è fondamentale. IL dosaggio di alcuni di essi sembra avere valori critici in particolari stadi come la gravidanza e l’allattamento, come per esempio lo zinco, altri invece come il cromo, sembrerebbero avere relazioni ancora poco chiarite con specifiche malattie come il diabete di tipo I .
Sono elementi nutritivi presenti nell’organismo e nei cibi in combinazioni organiche ed inorganiche; sebbene costituiscono circa il 4-5% del peso corporeo, sono basilari per il benessere fisico e mentale, perché costitutivi di tutti i tessuti e dei fluidi degli organismi.
Sono fattori importanti per il mantenimento dei processi fisiologici, rafforzano le strutture scheletriche, catalizzano molte reazioni biochimiche, sono importanti nella produzione di ormoni e anticorpi,  e contribuiscono a mantenere il delicato equilibrio idrico. Tutti i minerali riconosciuti necessari per il corpo umano, devono essere presenti nella dieta, apportati come sostanze alimentari essenziali, che l’organismo non è in grado sintetizzare, o solo in quantità insufficienti. 


Gli oligoelementi trattati sono: Ferro; Iodio; Magnesio; Manganese; Zinco;  Cromo; Fluoro; Cobalto; Zolfo; Rame e Selenio.





L'uso delle erbe in omeopatia: il caso celidonia

Uno degli errori più comuni che si commettono quando si parla di omeopatia è di confonderla con la fitoterapia. In fin dei conti, si dice, si usano in entrambi i casi prodotti naturali, entrambe sono medicine tradizionali, con una ormai lunga storia nel nostro mondo occidentale, per cui che differenza c'è tra l'impiego della pianta in quanto tale e il suo uso in omeopatia? Eppure si tratta di due cose davvero differenti e per spiegarlo nel modo più chiaro prenderò come esempio la celidonia o chelidonia (Chelidonium majus), una pianta della famiglia delle papaveracee, molto diffusa nelle nostre zone, dove potete trovarla facilmente ai bordi della strada e nei luoghi incolti.
Quando alla fine del 1700 il medico tedesco Hahnemann codificò l'omeopatia, si pose l'obbiettivo di usare in modo "scientifico" gli strumenti terapeutici in uso nel suo tempo e la celidonia fu uno dei prodotti che prese in considerazione tra i primi.


L'uso nella tradizione popolare.
L'impiego che si faceva della celidonia veniva dalla tradizione popolare che la utilizzava innanzitutto per uso esterno sui porri e le verruche, tanto che in diverse regioni ancora adesso la pianta è conosciuta come "erba porraia": dal fusto della pianta, spezzato, esce un liquido giallo che veniva applicato su queste lesioni.
Ma un altro impiego tradizionale si rifaceva al principio della "segnatura" che stabiliva che la pianta stessa, in virtù delle sue caratteristiche, desse indicazioni riguardo al proprio utilizzo; il succo giallo, amaro, che il fusto secerneva se spezzato, ricordava la bile e da questo si deduceva un impiego di questa pianta ne disturbi epato-biliari, soprattutto le coliche della colecisti. E d'altro canto la moderna fitoterapia, analizzando la composizione della celidonia, vi ha identificato una serie di componenti che giustificano l'azione soprattutto antispastica riconosciuta tradizionalmente a questa pianta.


L'intuizione di Hahnemann
Fin qui niente di nuovo e diverso. Ma Hahnemann guarda le cose da un altro punto di vista e proprio riguardo a Chelidonium fa queste affermazioni, premettendole alla descrizione dei sintomi che ha ricavato dalla sperimentazione della pianta:
"gli antichi - scrive Hahnemann - immaginarono che il colore giallo del succo di questa pianta fosse un'indicazione della sua utilità nelle malattie del sistema biliare. I moderni da questo hanno esteso il suo uso alle malattie epatiche, e sebbene ci fossero casi dove l'utilità di questa pianta in malattie di questa regione addominale fosse ovvia, le malattie di questo organo sono molto differenti le une dalle altre, sia per la loro origine che nel contemporaneo interessamento patologico del resto dell'organismo (...) Quindi, una raccomandazione di questo tipo ha solo un carattere generale, non definito e dubbio, (...) ma l'importanza della salute umana non ammette incertezze di questo genere per l'impiego delle medicine. 
Sarebbe una criminale superficialità accontentarsi di agire senza basi sufficienti al letto del malato. Solo i sintomi puri dei farmaci, cioè quello che essi rivelano inequivocabilmente dei loro specifici poteri nei loro effetti sugli organismi umani sani, sono in grado di insegnarci con forza e chiarezza quando possono essere impiegati con sicurezza in modo efficace; e questo avviene quando sono somministrati in stati morbosi molto simili a quelli che sono in grado di provocare negli organismi sani (è proprio questo il principio dell'omeopatia, n.d.r.). Dai seguenti sintomi della celidonia, che è auspicabile siano completati da altri onesti e accurati osservatori, si apre una prospettiva molto più estesa dei reali poteri curativi di questa pianta di quanto non si potesse sognare prima. Tuttavia, solo il medico che ha familiarità con la dottrina omeopatica sarà in grado di farne un utile uso".


Due possibilità differenti
"Il medico comune - conclude Hahnemann - si dovrà accontentare delle incerte indicazioni per l'impiego della celidonia di cui può disporre nella sua confusa letteratura medica".
E' evidente che, rispetto ai tempi di Hahnemann, la ricerca ha fatto passi da gigante e l'uso fitoterapico della celidonia poggia adesso sulla conoscenza dei principi attivi della pianta che sono stati studiati e possono essere dosati e prescritti con modalità "scientifiche", e non più sulle così incerte basi a cui si riferiva Hahnemann.
Non si tratta di dare giudizi sul fatto che un'opzione sia meglio di un'altra: sono due possibilità differenti; infatti quello che differenzierà l'uso fitoterapico della celidonia dal suo impiego omeopatico sarà la ricerca, da parte del medico omeopata, di una corrispondenza più ampia tra i sintomi del paziente e quelli che celidonia è stata in grado di provocare nella sperimentazione omeopatica e che quindi è in grado di curare. Per cui la preziosa celidonia non sarà usata in omeopatia per curare qualunque disturbo che riguardi il sistema epato-biliare, ma sarà data a pazienti che presentino sintomi fisici, mentali, generali, simili a quelli che sono messi in evidenza nella sperimentazione della sostanza. L'uso fitoterapico ricalcherà quindi il ragionamento che si fa nella medicina convenzionale, cioè ricerca del principio attivo e del relativo meccanismo di azione. Non bisogna dimenticare, tra l'altro, che stiamo parlando di una pianta fondamentalmente tossica, di cui è assolutamente sconsigliabile l'uso senza controllo dello specialista in fitoterapia, al di fuori di quello della vecchia tradizione contadina per applicazione esterna.


Senza rischi tossici
Il medico omeopata cercherà invece di inserire il sintomo all'interno di un più ampio quadro individuale, tipico di quel particolare paziente e solo se la corrispondenza più ampia è soddisfatta si utilizzerà questo medicinale. Altro elemento di non poco conto è che in omeopatia si impiega la sostanza ultra diluita, senza quindi rischi di tossicità per l'organismo.






Articolo di Antonella Ronchi




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